1870
Traduzioni.
Balzac, La Erede di Birague. Romanzo del signor di Balzac, «Nuovo Romanziere Illustrato Universale. Letteratura–Storia–Viaggi: pubblicazione settimanale», Firenze, Ferraroli Edoardo gerente (Tipografia Eredi Botta), Anno II, Num. 18, 5 agosto 1870 e segg., pp. 6-8; 14-16; 22-24; 30-32; 38-40; 46-48; 53-56; 61-64; 69-72; 77-80; 86-88; 93-96; 102-104; 109-112, 118-120; 125-128; 134-136; 142-144.
Studî e riferimenti critici.
Balzac (Onorato), in Enciclopedia popolare o Gran dizionario di cognizioni utili. Volume VII. Nuova edizione illustrata compilata da una società di dotti e letterati per cura di Giovanni Berri, Milano, Francesco Pagnoni, [1870], pp. 176-177.[1]
Memorie originali. Delle pazze curate presso l’Ospitale maggiore di Milano nel triennio 1867-68-69. – Studj statistico-clinici del dottor Giovanni Brocca (Continuazione […]), «Archivio italiano per le malattie nervose e più particolarmente per le alienazioni mentali», Milano, Stabilimento Redaelli dei Fratelli Rechiedei, Anno Settimo, fascicolo 2°, 1870, pp. 273-324.
p. 294. La femina, per l’educazione ricevuta e per il pudore naturale al sesso, non si abbandona in genere alle sfrontatezze, frutto di ciechi impulsi se non quando, per un’assodata indipendenza sociale sentesi padrona di sé, ed allora solo che un primo amore le fece nascere il desio di altri più ardenti. Un celebre scrittore francese, il Balzac, allorchè scrisse la donna non sa amare che ai 30 anni mostrò di essere fisiologo profondo al pari che grande romanziere.
Panteismo, in Nuova Enciclopedia Popolare Italiana ovvero Dizionario generale di Scienze, Lettere, Arti, Storia, Geografia, ecc. ecc. Opera compilata sulle migliori di tal genere, inglesi, tedesche e francesi coll’assistenza e col consiglio di scienziati e letterati italiani corredata di molte incisioni in legno inserite nel testo e di tavole in rame. Seconda tiratura della Quinta Edizione conforme alla quarta interamente riveduta ed accresciuta di più migliaja di articoli e di molte incisioni sì in legno che in rame. Volume Decimosesto, Torino, dalla Società L’Unione Tipografico-Editrice, 1870, pp. 255-258.
p. 258. Pur troppo ai dì nostri abbiamo veduto alcune elette intelligenze del culto delle cose spirituali precipitare al panteismo. In Lamartine potea sentirsene l’alito fin dalle sue Armonie, ove tutto era inno alla natura: pure il cristianesimo ne lo ratteneva, finchè abbandonossi al panteismo sensuale. Vittor Hugo, dopo le nobili ispirazioni della prima sua giovinezza, si piacque della fatalità, delle pitture voluttuose, dell’adorazione della natura. Michelet, veneratore di Vico, restauratore del medioevo, termina la sua vecchiezza con oscenità senili e immonde compilazioni. Panteisti sono i romanzi di Balzac e della Sand, e quegli altri ove si prova che l’anima è una superfluità, e che tutto si spiega con sangue e nervi e midollo spinale. Amiamo tacer gl’Italiani che si precipitano letterariamente in questa adorazione della natura.
Cfr. 1869.
Giovanni Brocca, Delle pazze curate presso l’Ospitale Maggiore di Milano nel triennio 1867-68-69. Studj statistico-clinici del dottor Giovanni Brocca, Milano, Stabilimento Redaelli della ditta Fratelli Rechiedei, 1870.
p. 61. Un celebre scrittore francese, il Balzac, allorchè scrisse la donna non sa amare che ai 30 anni mostrò di essere fisiologo profondo al pari che grande romanziere.
Antonio Caccianiga, Parigi, in Il Proscritto. Scene della Vita contemporanea di Antonio Caccianiga [1853]. Seconda edizione, Milano, Stabilimento Redaelli dei Fratelli Rechiedei, 1870, pp. 265-281.
Giovanni Camerana, Pubbliche Esposizioni. L’Esposizione nazionale in Parma, «L’Arte in Italia. Rivista mensile di Belle Arti», Torino, Unione Tipografico-Editrice, Anno Secondo, 1870, pp. 173-176.
p. 175. Sul margine del catalogo – un catalogo che sembra compilato per l’esposizione di Babilonia – d’accanto al nome di quello che mi sembrò il migliore fra i tre quadri di Giuseppe Sciuti, La Pace domestica, leggo questa mia nota: Le lys dans la vallée. Non è una stranezza – è un’Impressione. Sì – mi parve che realmente la dolce poesia del romanzo di Balzac si aggirasse per la luce bionda e la mite atmosfera di quella stanza signorile, intorno a quella giovine donna vestita di velluto turchino ed assisa in mezzo ai suoi bimbi. Ho fantasticato – ecco tutto. Splendida maniera è quella dello Sciuti; splendida e larga talmente, che condotta più oltre cadrebbe nella monotona felicità e nel vuoto del fare decorativo. Da questo pericolo si mantenga lontano l’egregio artista.
Licurgo Cappelletti, Le Maddalene pentite, Messina, Tip. Fratelli Pappalardo, 1870.
pp. 24-25. Nei romanzi d’oltremonte alcuni autori hanno voluto riabilitare la prostituta, per quale scopo io non so: il fatto però è che ci si sono provati. E vi furono alcuni che colpirono nel segno, ottenendo il desiderato intento. Quante donne vedove, maritate, e fanciulle le quali vanno al teatro ad ascoltare la recita di quel dramma del signor Alessandro Dumas figlio, che ha per titolo La Signora dalle Camelie, uscendo dal teatro, colle lagrime che le colano ancora per le guance, non invidiano la sorte di Margherita Gauthier, bramando nel loro cuore di assomigliare alla gallica Frine? E quante ve ne hanno che si compiacciono ad ostentare un modus vivendi che le renda simili a qualcuna fra le più rinomate e celebri lorettes, eternate nei romanzi della Sand, di Dumas, di Sue, di Koch (sic), di Balzac, di Féval? Tutti questi Signori, secondo quello che loro dicono, hanno voluto moralizzare la gioventù, col fare ad essa vedere nei libri e sulle scene la nuda immoralità: sarà questo un nuovo modo d’insegnare la morale, che noi Italiani non sappiamo peranco mettere in pratica.
Felix [Felice] Cavallotti, À M. A. Billia Député. Le Lit frioulan … (et pas le Rhin allemand!), in Felice Cameroni, L’Anticesareo, in AA.VV., Felice Cavallotti nella vita e nelle opere, Milano, Società Editrice Lombarda (Lodi, Tip. E. Wilmant), 1898, pp. 162-167.
Si tratta di uno scherzo in versi francesi inviato dal Cavallotti a Felice Cameroni (Pessimista) il 25 Agosto 1870 mentre egli si trovava rinchiuso, insieme ad «altri merli repubblicani» (p. 160), nelle Carceri giudiziarie di Milano.
pp. 164-165.
Voyez-le donc d’ici ce pauvre prisonnier
à qui l’on donne tout ce qu’il peut désirer !
[…]
Mais ce n’est pas ainsi que dans tout temps, l’on a
traité les prisonniers véritables d’État !
[…]
N’avait pas tes loisirs jadis François Premier
lorsque Charles Cinq il était prisonnier !
fais-toi conter un peu du roi chevaleresque
comment, dans sa prison, le traitait le Tudesque !
Comment ce roi, qui était des dames le seigneur,
n’avait même une chatte à qui donner son cœur !
Seulement le geôlier, par pitié de ses flammes
consentit en cachette à lui prêter sa femme !*
*Voir Balzac: Contes drolatiques.
Francesco Dall’Ongaro, Il Conte di San Donnino. – Novella – [Fine], «Nuova Antologia di Scienze, Lettere ed Arti», Firenze, Direzione della Nuova Antologia, Volume Decimoterzo, Fascicolo Terzo, Marzo 1870, pp. 521-579.
X. La Psiche, pp. 531-536.
p. 531. La Psiche di cui intendo parlare non è punto la giovinetta greca, e non è punto quella sostanza eterea, impalpabile, immortale che anima l’uomo ed il mondo.
È semplicemente uno specchio: quel mobile indispensabile nell’officina della Bellezza: quella spera (sic) grande nella quale la donna e l’uomo possono specchiarsi da capo a piedi, di faccia e di profilo secondo il caso. L’artefice che impose a codesto mobile il nome di Psiche dovette essere un gran satirico. E se non fosse che la cosa è più antica dell’uomo, direi che quella denominazione è degna di quel sottile e maligno anatomista della pelle e dell’anima femminile che fu il signor Onorato Balzac.
La donna infatti riflette se stessa, in corpo e in anima, in quel lucido cristallo che sorge dinanzi a lei, mentre fa l’esame più accurato di coscienza che sia solita fare.
Tullio Dandolo, Storia del pensiero nei tempi moderni del conte Tullio Dandolo. Volume II, Asisi (sic), Stabilimento Tipografico Sensi, 1870.
L’eloquenza al tempo di Quintiliano.
p. 84. Le declamazioni colorate tenean luogo presso i Romani dei romanzi ultra-romantici d'oggidì, i quali, ponendoci innanzi, a protagonisti, antropofagi d’Islanda, corsari seducenti, masnadieri eroici, cortigiane, da castità in fuori, d'esemplare virtù suscitano entro a nostri poveri cervelli un disordinato ballo d’idee; sicchè, ripudiando la domestica quiete, gli agi della casa paterna, il sorriso della moglie, lo schiamazzare festoso del figli, perfino il simpatico scoppio de’ turaccioli lanciati da liquore spumeggiante contro la soffitta, ci auguriamo di andare trabalzati anche noi tra quelle onde, erranti per quelle foreste, vagabondi per quelle tenebre, anco ricoverati in que’ misteriosi recessi che i nostri novellieri alla moda son sì valenti a descriverci. Un de più rinomati tra costoro (Balzac) mi narrava di romanzi compilati da una società di amici, in ragione d'un capitolo a testa, per torno; a lui spettava architettare l’intreccio, e con brevi parole indicare a ciascun de’ collaboratori i sommi capi di ciò che nel proprio capitolo doveva esporre. E che cosa eran coteste se non declamazioni colorate? ... A tai declamazioni venivano scelti suggetti fuor d'ogni verosimiglianza, perché precoce è la facoltà di sbizzarrire e sragionare.
Giovanni Faldella, Rovine. Degna di morire – La laurea dell’amore, Milano, Tipografia Editrice Lombarda di F. Menozzi e Comp., 1870.
Rovine, racconto biografico, pp. 5-161.
p. 45. Che cosa faccia un giovinotto di ingegno cervellotico, mezzo artista, a ventidue anni, libero di sé, avendo a sua disposizione qualche decina di migliaja di lire, senza un affetto e senza un impegno di famiglia, è presto detto.
Compera intiere biblioteche di libri nuovi: tutta la raccolta del Le Monnier, quelle della Tipografìa Editrice Lombarda, tutti i Barbera e la cassetta dei Barberini, tutte le fodere rosse del Silvestri, tutti i classici latini pubblicati dal Boucheron, tutti gli Economisti di Pomba e tutta l’edizione definitiva delle opere di Balzac. Gli sembra di dovere nello spazio di due minuti secondi sprofondarsi in tutti gli abissi della scienza e poi sbadiglia, tagliando i fogli a qualche fascicolo.
Italo Fiorentino, Francia e Prussia. Album della guerra del 1870 per Italo Fiorentino, Milano, presso la Libreria Dante Alighieri di Enrico Politti, 1870.
Capitolo XLIII.
p. 399. Stefano Arago, nuovo sindaco di Parigi, fratello del celebre astronomo Francesco Arago, nacque a Perpignano nel 1802.
Da prima si occupò di letteratura, e scrisse assieme a Balzac. Fece rappresentare dei vaudevilles a Parigi, e molti vennero applauditi. Diresse dal 1830 al 1840 il teatro del Vaudeville e divenne quindi uno dei principali scrittori della Réforme.
A.[ntonio] Ghislanzoni, Due spie. Volume secondo, Milano, a spese dell’Editore, 1870.
p. 114. Decisamente io [Leandro] non sono nato per questa futile letteratura che ha illustrato i nomi di Balzac, di Dumas e di Souvestre! ... Il mio genio è di indole più positiva ...
A.[ntonio] Ghislanzoni, Appendice. Le confessioni di un critico, «La Lombardia», Milano, Anno XII, 26 Ottobre 1870, pp. 1-3.
p. 2. Non ho io ricordato con ammirazione nelle mie riviste critiche parecchie centinaia di romanzi stranieri che appena pubblicati invasero le nostre biblioteche, i nostri gabinetti di lettura, i nostri salotti, le nostre camere da letto, obbligandoci a vegliare le lunghe notti nelle ebbrezze di un mondo ideale e fantastico? Balzac, i due Dumas, Eugenio Sue, Giorgio Sand, Alfonso Karr, Victor Hugo, Gauthier (sic), Dikens (sic), Féval … Quanti nomi di romanzieri, di drammaturgi (sic), di poeti, i cui volumi a mala pena si conterebbero nel vasto salotto dove io sto scrivendo!
Emilio Gioberti, Del realismo nelle lettere e nelle arti, «Rivista Contemporanea Nazionale Italiana», Torino, presso Augusto Federico Negro, Editore, Volume LX, Anno XVIII, Fascicolo CXCIV, Gennaio 1870, pp. 12-30.
p. 21. Leopardi in Consalvo, in Aspasia, in A sé stesso, nel Sabato del villaggio; Aleardo Aleardi nel Monte Circello e ne’ Sette soldati; Heine nel suo poema Germania, nel Livre de Lazare, in Reisebilder sono essi pure realisti, se realismo non è rifuggir dal vero soltanto perché non si palesa circondato dall’aureola del pomposo; e tal si dica di Mery, di Dickens, di G. Sand, di Balzac, di Haubert, di About, di Auërbach; e nella patria nostra di Manzoni, di D’Azeglio, di Balbo, di Guerrazzi, nel quale specialmente risplende il connubio augusto della fantasia e dell’analisi.
Lamara, Francesco Liszt. Sue vicende e sue opere (dal tedesco, di Lamara), Firenze, per G. G. Guidi Editore di musica, 1870.
pp. 23-24. Dopo breve dimora a Vienna e a Praga, trasferivasi a Lipsia. Ritornò poscia [1839] a Parigi dove rivide Giorgio Sand e conobbe Balzac.
La toilette ne consiste pas tant dans le vêtement que dans une certaine manière de le porter.Balzac.
Capitolo XLIV, pp. 529-542.
Francesco Mastriani, I Misteri di Napoli. Studi storico-sociali di Francesco Mastriani. Volume Secondo, Napoli, Stabilimento Tipografico del Commend. G. Nobile, 1870.
Parte Seconda.
I Massa Vitelli o i possidenti. Libro III. Il Colèra. XIII, pp. 218-223.
p. 120. L’uomo, ricco o no, se riesce a sposare una ricca che ama o che finge d’amare, passata la luna di miele e sopraggiunta la luna rossa, come direbbe Balzac, il marito, co’ suoi se ne ha, o coi denari della moglie se non ne ha, si regala una maîtresse, o come dicesi da taluni con parola meno gentile, una mantenuta, mentre la fiera moglie, novantanove su cento, gli rende pan per focaccia, e addio roba mia, il matrimonio è bell’e ito!
Enrico Montazio, L’Ultimo Granduca di Toscana. Cenni biografici, storici, aneddotici, ecc. di Enrico Montazio, Firenze, Tipografia di M. Ricci e C., 1870.
pp. 21-22. Prima però ch’ei [Leopoldo III] tornasse in Firenze nel 1814, andò soggetto a gravissima e misteriosa infermità, che lo condusse all’orlo de[l] sepolcro.
Riguccio Galluzzi, lo storico del Granducato di Toscana, oltre al merito d’esser riuscito a dire presso a poco la verità, tuttochè scrivente per commissione e sotto gli occhi d’un granduca, s’ebbe pur quello di scrivere, senza offendere il pudore, scene di vita intima quali dilettossi pennelleggiarne il realista romanziere Balzac.
Enrico Nencioni, L’Arte e la critica nell’ultimo decennio in Italia. I. Poesia, teatro, romanzo, «L’Universo illustrato. Giornale per tutti», Milano, Anno V, N. 3, 16 Ottobre 1870, pp. 62-63.[2]
Il Romanzo … ahimè, il Romanzo brilla per la sua assenza in Italia. Le Memorie di un ottuagenario, Il dolce far niente, sono in qualche lato notevoli, ma è proprio il caso di dire: «beati monoculi in terra caecorum!» Il romanzo di costumi, il romanzo analitico, lo avremo, si dice, quando vi sarà un gran centro, una società italiana, con caratteri più pronunziati; quando vi sarà sciolta la questione della lingua. – Ma si potrebbe rispondere che chi ha studiata e sa la sua lingua, sa adoprarla anche oggi e nella descrizione e nel dialogo, che la colpa è degli artefici non dello strumento, che i Miei Ricordi di d’Azeglio han confutato coll’esempio sì magre scuse, e che se un vero romanziere ci fosse, senza aspettare il gran centro e la società nuova, ci dipingerebbe a boutportant quella che ci è, nella sua immensa varietà di tipi, dal Torinese al Palermitano, e potrebbe, senza uscire dall’Italia, sfoggiare di humour quanto un Dickens, di satira quanto un Thackeray, di colorito locale quanto un Balzac, di paesaggio quanto una Sand. – Il male è che ci mancano i Dickens e i Thackeray, i Balzac e le Sand.
O. Pucci, Dietro le persiane, in AA.VV., Strenna
Veneziana per l’anno 1871, Venezia, Tipografia del Commercio di Marco
Visentini, 1870, pp. 119-179.
p. 130. Lo scrittore prediletto del conte [Giovanni] era Balzac. In generale egli amava quegli scrittori, i quali, analizzando le piaghe sociali con maggior evidenza, parevano giustificare il suo rancore contro la società. Rileggeva perciò Heine ad ogni momento. Quelle crudeli ironie lo affliggevano e lo dilettavano in una volta. Così questo giovane incauto si assuefaceva a notomizzare tutto, e coll’aiuto di Balzac e di Heine, tutti gli affetti passavano sotto il suo coltello anatomico.
Amedeo Roux, Corrispondenze. Cronaca letteraria di Francia, «Rivista Europea», Firenze, Tipografia dell’Associazione, Anno 1°, Volume 4°, Fascicolo 1°, Settembre 1870, pp. 336-343.
[Sui Nouveaux Lundis di Sainte-Beuve].
p. 339. Questi arguti frizzi abbondano in ogni pagina di questo settimo tomo in cui ci passa in rassegna i nomi e le opere più diverse: il Lamartine ed il Flaubert, Vittorio Hugo ed il Guizot, Honoré de Balzac ed il duca di Aumale, ecc. ecc.
Medoro Savini, Tisi di cuore. Seconda edizione, Firenze, Tip. e Lib. Galletti Romei e C., 1870.
pp. 51-52. Mi
sarai grato, amico mio, del proponimento di non descriverti né
mobiglie, né arredi. Di che potrei parlarti, che tu non conosca in tutti
i suoi particolari, tu, proprio organizzato per l’eleganza? … E poi
rammento troppo i tuoi sbadigli, a questo genere di descrizioni, quando
or fanno pochi anni che leggevamo insieme i volumi di Balzac, di
Montepin, di De Camp e di Carlo Dickens. p. 77. Che vuoi! … L’amicizia di Elena di Montalbo, ch’io ho riveduto qui a Parigi, era una specie di amore che si mostrava di profilo ed io dovetti un bel giorno accorgermi che Balzac non avea torto, dicendo che non si può essere a lungo l’amico di una donna quando si può divenirne il marito.
Pietro Selvatico, Michele SanMicheli e Giorgio Vasari (1527-1542), in L’Arte nella vita degli artisti. Racconti storici di Pietro Selvatico. Volume unico, Firenze, G. Barbèra, Editore, 1870, pp. 159-245.
Medoro Savini, Tisi di cuore. Seconda edizione, Firenze, Tip. e Lib. Galletti Romei e C., 1870.
pp. 51-52. Mi sarai grato, amico mio, del proponimento di non descriverti né mobiglie, né arredi. Di che potrei parlarti, che tu non conosca in tutti i suoi particolari, tu, proprio organizzato per l’eleganza? … E poi rammento troppo i tuoi sbadigli, a questo genere di descrizioni, quando or fanno pochi anni che leggevamo insieme i volumi di Balzac, di Montepin, di De Camp e di Carlo Dickens.
p. 232. Chi meglio degli altri profittò della femminile arrendevolezza di allora ad accettar sì scurrili allusioni, fu uno degli aiuti del Vasari, quel Cristoforo Gherardi nominato più addietro. […] In ogni tempo fu vero ciò che disse Balzac: che l’amore senza la vanità soddisfatta, diventa un convalescente.
G. Strafforello, Rassegna letteraria straniera, «La Rivista Europea», Firenze, Tipografia Editrice dell’Associazione, Anno I, Volume III, fascicolo I, 1870, pp. 582-587.
[Su Carlyle]. p. 584. Del rimanente anche in America, come in Francia e in Italia abbondano le traduzioni, segnatamente dei romanzi di Auerbach e Spielhagen che vanno a vele gonfie – fatto notevole dove si ponga mente che le traduzioni di Balzac, Giorgio Sand, Dumas ecc. hanno fatto finora cattiva prova di là dall’Atlantico. Ciò vuolsi attribuire, per avventura, alla maggiore affinità fra il genio germanico ed americano.
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